martedì 3 maggio 2011

Ritorniamo o zumbiamo?

Cara Cri
sono giorni che non scrivo. George e’ andato in Italia per una settimana e poi per lavoro ha dovuto prolungare il suo viaggio. Charlotte sta mettendo i denti, i famosi denti invisibili a cui attribuiamo tutti i risvegli notturni e i capricci dei nostri bambini, e non mi ha fatto chiudere occhio. James e Robbie erano a casa da scuola venerdì e lunedì, e cosi ho improvvisato un week-end lungo di attività ludiche e intrattenimento per la famiglia. Nel frattempo ho lavorato ogni sera fino a notte fonda per terminare un progetto per il sito di un cliente.
Ora, dopo otto giorni, avrei voglia di una bella sbronza!
Dato che dopo le varie gravidanze bevo come un uccellino, non darti pena all’idea che Singapore mi possa portare sulla via dell’alcolismo. Avrei solo voglia di qualche bollicina di champagne, tanto nei desideri, non sono tenuta a limitarmi.
Cara amica, sono nuovamente in una situazione di attesa. Non di un bambino, stai tranquilla, ma di un responso.  George è in Italia per riscrivere, ancora una volta in questi mesi tumultuosi, la nostra storia – che sia costretta a cambiare il titolo del blog a breve: Vivere a Singapore potrebbe tramutarsi in Vivere in Via Perugia?
Può darsi che questa possibilità che si è aperta improvvisamente come uno spiraglio si richiuda subito, piano e impercettibile come un battito di ali. Allora dovremo valutare nuovamente le prospettive lavorative, la fattibilità del progetto di George e resteremo qui. Oppure ci aspetta l’ennesimo trasloco internazionale con la nostra carovana di asini, buoi e mobilio cinese e torneremo a casa. Sapremo il verdetto nei prossimi giorni.
George ogni giorno mi chiama e mi comunica la percentuale di probabilità riguardo a questo ipotetico ritorno, a seconda degli incontri che ha avuto, dei piani economici presentati, o di chissà quale altra variabile a me comunque incomprensibile. Come al solito mi sforzo di seguire i discorsi, le cifre, i concetti, ma nel momento stesso in cui comincia a mettermi due numeri in sequenza, mi si assopisce il cervello e non riesco più a seguirlo. Non è mancanza di interesse, figuriamoci. Mi riguarda da vicino e vorrei cogliere i dettagli. Forse è una forma d’ansia. Quando mi nomina un numero, uno qualsiasi, anche piccolo piccolo, inizio a pensare agli affari miei: cosa cucino stasera… il vestito di Pippa Middleton era bellissimo, verde smeraldo, peccato per il nome però…l’ho già cambiato il pannolino a Charlotte, no, forse no, meglio che vada.
Quando poi i numeri iniziano a crescere, gli zeri si allineano e scorrono come biglie tra le sue parole, per perdersi nei meandri di figure fantomatiche quali ‘gli investitori’, il ‘CEO’, il ‘Board of Directors’, sento le palpitazioni aumentare e capisco perché’ lui ha scelto un tipo di carriera e perché io, fondamentalmente, ne ho scelte tante e nessuna in particolare.
Non so darti spiegazioni ne’ fare un pronostico. Non so nemmeno se sperare di tornare o se piuttosto preferirei restare qui. Non ho ancora avuto tempo ne’ modo di vivere la città abbastanza per sentirmici legata ma allo stesso tempo, l’idea di lasciarla mi spaventa.
Comunque siamo passati dal 33% di possibilità di sabato scorso fa al 40% di oggi. Questo l’ho memorizzato. Durante il crescere di questo 7% ho frequentato il mio primo corso di ‘zumba’.
La lezione si svolge nella palestra di un condominio a noi dirimpettaio, un enorme complesso di torri che si affacciano sull’East Coast Park e che racchiude al suo interno ben sei piscine, una piu’ avveniristica dell’altra, con fontane, giochi di spruzzi e percorsi acquatici con ponti. Visto dal basso, l’edificio si staglia contro il cielo come un blocco di lego bianco.  E’ cosi appariscente che è impossibile non guardarlo. Ogni appartamento ha un salone con una vetrata che, specialmente se illuminata la notte, diventa parte di una successione di piccoli quadri familiari, arredamento e atmosfere. E’ come spiare dalle telecamere del Grande Fratello. Di giorno pare più una conigliera.
Zumba è un’attività aerobica dove, teoricamente, si seguono ritmi diversi e si combinano mosse di ballo ad esercizi cardiovascolari. In pratica, la selezione delle canzoni propendeva per i trend locali, ossia la musica indiana di Bollywood, canzoni da discoteca e alcuni ritmi vagamente arabeggianti – ma c’era anche la canzone delle Bangles ‘Walk like an Egyptian,  e lì mi sono scatenata.
Eravamo una decina di mamme con tute da ginnastica non proprio all’ultimo grido parigino, e qualche curva extra non sempre gradita.
Avevamo due insegnanti. Una ragazza che poteva essere singaporiana o malese o indiana, con lunghi capelli scuri e occhi verdi. Un ragazzo cinese locale con un completino succinto e movenze fin troppo aggraziate.
Si alternavano a turno nell’insegnamento di questi balletti bolliwoodiani perché, ci spiegavano, estremamente stancanti, mentre noi allieve tentavamo di capire e ripeterne i passi, sempre piu’ ansimanti e confuse, sempre piu’ paonazze. Ma che divertimento! Lo spirito della musica indiana si e’ impossessato del mio corpo e mi sono vista all’improvviso sullo stage di un melodramma d’amore alla buona, dove ci si esprime con sguardi ammiccanti o corrucciati fino allo sdegno. Forse non hai presente il genere, mentre qui è abbastanza popolare.
I film indiani sono polpettoni musicali con balli sincronizzati, dove la bella protagonista di solito è affiancata da un gruppetto di fanciulle che ne ripetono gesti e movimenti, e il suo innamorato canta e danza seguito dal corrispettivo gruppetto di ballerini. Gli indiani hanno questo strano modo di annuire, che mi confonde sempre quando ho una conversazione con qualche vicino di casa, che è ripreso anche nella danza: mentre acconsentono, ondeggiano la testa lateralmente, e non si è mai certi se intendono si o no. Anche noi oscillavamo i nostri testoni, ricalcando più Totò in ‘Avventure di una marionetta’ che le interpreti dei musical, allungando il collo a scatti, e scrollando dai polsi braccialetti immaginari a ritmo di tintinnii e percussioni.
Se non ero un’indiana nella vita precedente, lo diventerò senz’altro nella prossima.

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